domenica 30 aprile 2017

"Speremo de no"

Dopo l’affermazione di Macron e Le Pen alle recenti elezioni in Francia, sembrerebbe che ovunque nel mondo si assista alla più o meno accelerata dissoluzione dei partiti tradizionali. Non è un fenomeno nuovo, a dire il vero, nemmeno dal punto di vista politologico. Molto probabilmente, protagonisti del futuro saranno i cosiddetti movimenti sociali, i quali dovrebbero avere una concezione più pragmatica e meno ideologica della politica.

Che cosa avrà da guadagnare Porto Recanati da questo ormai inarrestabile processo? Poco o niente, perché i movimenti civici finora chiamati a reggere le sorti della città non sono sembrati all’altezza della situazione. Vediamoli.

Uniti per Porto Recanati. Perde due elezioni su tre e in quella vinta da comprimario in coalizione con tutto il resto del mondo contro la Ubaldi viene squalificato dall’arbitro dopo nemmeno un anno. Legalitario oltre misura, ha lasciato passare sotto silenzio un fatto grave come quello della faccenda Plein Air, meglio conosciuto come caso Pacella-Canaletti, in cui tra l’altro veniva coinvolto un secondo assessore rimasto nell’anonimato.

E poi la questione della riunione di giunta con ectoplasma, dove l’assessore Dezi, pur trovandosi all’estero per motivi di lavoro, risultava presente. Su queste cose bisognava andare fino in fondo, ma UpP non l’ha fatto. Ci sarebbe poi da approfondire la frase finale di un post di Sabrina Montali, ma sorvoliamo.

Porto Recanati a Cuore. Si presenta alle elezioni del 2009 e fa eleggere il suo leader Alessandro Rovazzani nella lista “Ubaldi”. Viene premiato con due importanti assessorati – Lavori pubblici e Commercio – ma già nel 2011 è fuori dalla giunta e all’opposizione in consiglio comunale. Alle elezioni del 2014 PaC non si è presentato per situazioni controverse che probabilmente non ha determinato ma subito.

Alle ultime elezioni ha avuto un buon numero di voti, che finora ha utilizzato male per non aver saputo evitare di intrupparsi nel mucchio caotico e indistinto formato da altri gruppi di opposizione con i quali  in precedenza non è mai andato d’accordo.

Alternativa Civica, il cui leader Attilio Fiaschetti dopo essere stato eletto nel 2009 nella lista Ubaldi passa presto all’opposizione  per motivi politici. Stessa cosa nell’aprile 2015, quando viene eletto nella lista Montali. Dopo aver ottenuto le deleghe al Commercio e alle Politiche giovanili, prima si dimette da assessore poi passa all’opposizione e infine fa cadere la Montali andando assieme ad altri otto consiglieri comunali a firmare le dimissioni in massa davanti al notaio Patruno. Alle ultime elezioni non ha avuto nessun eletto.

Stesso discorso per Paese Vero, che però, avendo mostrato l’intenzione di farsi da parte, da parte lo lasciamo. Queste sono le liste civiche a Porto Recanati. Affidabili? Non ci sembra proprio. 

E allora, ben venga la dissoluzione dei partiti a Porto Recanati? “Speremo de no” – direbbe Nereo Rocco

giovedì 27 aprile 2017

Poteri forti

Emmanuel Macron e Marine Le Pen andranno dunque al ballottaggio per decidere chi sarà il nuovo presidente della Repubblica francese. Socialisti e repubblicani, sconfitti al primo turno delle presidenziali, invitano a votare Macron per fermare il candidato della destra Le Pen.

Tutti – vincitori e vinti – hanno cantato la Marsigliese. “Allons enfants de la Patrie”: tutti uniti per la Patria, come sempre sanno fare i Francesi quando li si chiama all’appello. In Italia, invece, pur di non far vincere i candidati del Partito Democratico, a Roma, Torino e Parma il centrodestra ha votato per Raggi, Appendino e Pizzarotti del Movimento 5 Stelle. Ma oggi Berlusconi grida ai quattro venti che un’eventuale vittoria del partito di Grillo determinerebbe la fine dell’Italia e dell’Europa. Così vanno le cose in Italia, e così vanno anche a Porto Recanati.

La notte stessa delle elezioni di giugno, abbiamo sì visto Alessandro Rovazzani, candidato sindaco di Porto Recanati a Cuore, andare a stingere la mano e a complimentarsi con Roberto Mozzicafreddo per la sua vittoria, ma è finita lì. Nessuno dell’opposizione si è più accostato al sindaco nemmeno casualmente – quasi fosse un appestato.

Qui ne va del carattere degli italiani, che non sanno assumersi la responsabilità delle proprie sconfitte e che cercano di addossare ad altri le loro colpe. A livello internazionale la colpa è sempre di Donald Trump, di Mario Monti a livello nazionale e di Rosalba Ubaldi a livello locale. A tutti i livelli è colpa dei poteri forti.    

Loro, quelli che a Porto Recanati dovrebbero essere i poteri deboli, dicono che con i poteri forti, che assieme a loro siedono in consiglio comunale, non hanno niente a che spartire e persino niente da dirsi. Loro dicono di voler lottare contro tali poteri e di fatto hanno soltanto questa battaglia da combattere.

E allora, “viva la fazione, muoia la nazione”, ovvero la Marsigliese a rovescio. Infatti non riusciamo a leggere su nessuna bacheca qualcosa che tratti i problemi reali di questa città, l’unica preoccupazione dei poteri deboli essendo quella di chiedere trasparenza. Manco fossimo in Sicilia. Questo sempre in attesa che si torni a parlare del Burchio.

Su questo blog abbiamo elencato cinque possibili priorità, per Porto Recanati, che però non piacciono né ai poteri forti né a quelli deboli. E questo è l’unico terreno sul quale si trovano d’accordo. Comunque, tutti dobbiamo stare attenti a che gli uni non prevarichino sugli altri, e per questo conviene sapere chi siano i poteri forti e chi quelli deboli in consiglio comunale.

Poteri forti: Roberto Mozzicafreddo (pensionato), Rosalba Ubaldi (pensionata), Giuseppina Citaroni (pensionata), Roberto Attaccalite (pensionato), Pietro Ferrillo (pensionato), Silvio Cingolani (pensionato), Angelica Sabbatini (impiegata), Pier Paolo Fabbracci (impiegato), Piergiorgio Toschi (impiegato) Emiliano Giorgetti (impiegato), Roberto Sampaolo (artigiano), Andrea Giuggioloni (pescatore).

Poteri deboli: Giovanni Giri (dirigente scolastico), Giancarla Grilli (insegnante), Loredana Zoppi (avvocato), Alessandro Rovazzani (avvocato), Sauro Pigini (ingegnere).

Ora che abbiamo le idee più chiare, possiamo ben dire che i primi sono espressione dell’alta borghesia locale mentre i secondi sono umili rappresentanti del popolo.

    

martedì 25 aprile 2017

25 aprile 1945: fine di una guerra civile



Stamattina sono capitato dalle parti di piazza Brancondi e ho notato un gruppo di persone sostare allegramente davanti al Castello Svevo. Ho creduto trattarsi di gente pronta a partire in corteo per celebrare il 25 aprile, festa della liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Mi sono sbagliato di grosso, perché si trattava di gente che partecipava a un matrimonio.

Poi ho saputo che il consueto corteo della Liberazione non si teneva per mancanza di porta bandiera e di partigiani ex post. Non mi sono meravigliato né indignato, perché per quel che mi riguarda la liberazione dell’Italia dal nazifascismo è iniziata il 3 settembre 1939 con la dichiarazione di guerra di Inghilterra e Francia alla Germania nazista, con la quale l’Urss aveva invece stipulato un patto di non aggressione e di spartizione dell’Europa dell’Est.

Comunque, la domanda da porre è: la resistenza fu soprattutto una guerra civile? Alla sinistra italiana questa definizione non piace, ma leggiamo come la pensa Claudio Pavone –  lo storico che ha disseppellito la Resistenza dalle macerie della retorica – in “Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza”.

Nell'opera l'autore, già partigiano di sinistra, analizza la Resistenza interpretandola come triplice guerra: patriottica, contro l'invasore tedesco; civile, fra italiani fascisti e antifascisti; di classe, fra componenti rivoluzionarie e classi borghesi. Questa di Pavone è considerata un'opera cardine della storiografia italiana sul periodo 1943-1945 per aver accolto il concetto di guerra civile.  

Pavone dice che tra l'8 settembre 1943, data del Proclama Badoglio, ed il 2 maggio 1945, data della Resa di Caserta, si combatterono in Italia tre guerre  contro tre figure di nemici ben precise e differenti. Le tre guerre furono, come già detto, la guerra di liberazione nazionale, la guerra civile e la guerra di classe.

La guerra di liberazione nazionale, o guerra patriottica, fu combattuta dai partigiani contro lo straniero invasore. Ma il nemico di questa guerra non fu percepito come un semplice straniero bensì anche come il nazista, e questo – secondo Pavone, che in pratica riprende Ernst Nolte – ci porta già sul terreno della guerra civile come grande guerra civile europea.

La guerra civile fu combattuta dai partigiani contro i fascisti, ovverosia tra italiani e contro un nemico ideologicamente connotato dal sistema di pensiero fascista. La guerra di classe viene considerata un aspetto della guerra civile. Infatti, sostiene Pavone, “non tutti gli antifascisti erano socialmente proletari, né tutti erano ideologicamente disposti a far coincidere fascismo e oppressione di classe”.

In questo senso la concezione classista della guerra civile è il modo in cui la frangia comunista della Resistenza visse la lotta al fascismo, considerata lotta del proletariato contro il padronato. In sintesi l'autore afferma nel complesso il valore positivo della Resistenza e la sua importanza decisiva per la riconquista della dignità nazionale e per una vera rinascita della patria.

Tutto questo per dire – secondo noi – che il 25 aprile è ormai un mito logorato.    




lunedì 24 aprile 2017

Eutanasia



Nei giorni scorsi, la Camera ha approvato la legge sul biotestamento. Il testo ora passerà al Senato per l'approvazione definitiva. L’articolo 3 di detta legge dispone che ogni persona maggiorenne capace di intendere e di volere, in previsione di una propria futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari. 

Chi è contro questa legge teme che questa sia l’anticamera dell’eutanasia nella sua forma più radicale.

Oggi si comprendono nel termine “eutanasia” gli interventi medici, attivi o passivi, volti a interrompere la sofferenza di una persona malata terminale previo suo inequivocabile consenso. In greco antico eutanasia significa letteralmente “buona morte”.

Si parla di eutanasia passiva quando il medico si astiene dal praticare cure volte a tenere ancora in vita il malato; di eutanasia attiva quando il medico causa direttamente la morte del malato; di eutanasia attiva volontaria quando il medico agisce su richiesta esplicita del malato. Nella casistica si tende a far rientrare anche il cosiddetto suicidio assistito, ovvero l’atto autonomo di porre termine alla propria vita compiuto da un malato terminale in presenza di un medico e con mezzi da lui forniti.

L’eutanasia attiva, in Italia è assimilabile all’omicidio volontario. Nel caso si riesca a dimostrare il consenso del malato – omicidio del consenziente – le pene vanno comunque dai sei ai quindici anni di carcere. E' proibita anche l'eutanasia passiva, pur essendo difficile dimostrare la colpevolezza del medico. 

Secondo la Chiesa cattolica, la vita è stata donata da Dio e solo lui può disporne, ragion per cui l’eutanasia è un omicidio. È al massimo ammessa la fine delle terapie qualora venissero ritenute sproporzionate. È chiaro che una posizione del genere si pone esclusivamente dal punto di vista del medico e non da quello del paziente sofferente. In passato, anzi, talvolta questa sofferenza era ritenuta un modo di “partecipare” alla passione di Gesù e ancora oggi l’Italia è clamorosamente indietro nella somministrazione di morfina ai malati terminali.

Non tutte le chiese cristiane la pensano però così. Diverse chiese protestanti hanno infatti assunto posizioni più liberali e alcune chiese minori riconoscono apertamente il diritto dell’individuo di disporre della propria vita. Per i valdesi l’eutanasia “è un diritto che va riconosciuto”.

Nel marzo 2015 Marco Cappato, Mina Welby e Gustavo Fraticelli hanno iniziato una disobbedienza civile fornendo informazioni e dando supporto logistico alle persone malate terminali che volevano rivolgersi ad associazioni svizzere. Da quella data, sono state aiutate 230 persone presentatesi in forma non anonima.

Per Cappato, “lo Stato non ha alcun titolo per impedirci di fare qualcosa se non danneggia gli altri”. Per l’UAAR, “tutti i sondaggi condotti negli ultimi anni attestano che la maggioranza degli italiani è favorevole alla legalizzazione dell’eutanasia”. Il 13 luglio 2000 l’allora Ministro per la Sanità Sandro Veronesi ha affermato che “l’eutanasia non è un tabù”, e che una soluzione al problema deve essere trovata in tempi brevi.

In estrema sintesi, chi è a favore sostiene che l’eutanasia è un modo per tutelare la libertà umana, ma soprattutto la dignità di ognuno. A volte ci sono patologie talmente devastanti da rendere la vita un supplizio tanto per il malato che per chi gli sta intorno. Se lo si decide, si deve poter essere liberi di porre fine ad una sofferenza che non ha possibilità di guarigione. Nel caso di persone tenute in vita artificialmente, l'eutanasia è vista come il semplice lasciare che la vita segua il suo corso naturale.

Chi è contro l’eutanasia, invece, sostiene che la vita umana deve essere tutelata fino ai suoi estremi, e che nessuno, nemmeno relativamente a se stesso, può arrogarsi il diritto di porle fine prima del suo esito ultimo.



sabato 22 aprile 2017

Anti calcio

Ho sempre pensato che il gioco attuato dal Barcellona fosse una perfetta rappresentazione tattica dell’anti calcio. Mi spiego. Il Barcellona si esprime nella fase di attacco attraverso una serie infinita di passaggi laterali in preparazione della sin troppo prevedibile “imbucata”.

A parte il fatto che ormai tutte le squadre l’hanno capita e sono in grado di prendere le necessarie contromisure difensive, per attuare questo tipo di gioco occorre avere giocatori non forti ma fortissimi tecnicamente e tatticamente sia in attacco che in difesa. Davanti il Barcellona è fortissimo, ma dietro – centrocampo compreso – è debolissimo.

La forza dei “blaugrana” è dunque l’attacco, ma questa forza viene vanificata sia dal modulo tattico sia dalla monotona ripetitività degli schemi – compreso il giocare "zonati" in attacco – sia dalla rinuncia ad attaccare mediante cross dal fondo. Ma il difetto dei difetti del Barca è quello di giocare per linee orizzontali, cosa che consente alla squadra avversaria di recuperare le posizioni in difesa anche quando è sbilanciata in avanti. Tenere la palla sulla stessa linea magari per soli due secondi, infatti, consente a un difendente di recuperare almeno 12 metri.

Un’azione d’attacco efficace deve essere conclusa al massimo entro 8 secondi, a partire dal momento in cui si è entrati in possesso della palla. Passato questo tempo la squadra che si difende ha già recuperato le posizioni difensive. E questo vuol dire che per riuscire ad andare in porta occorre affidarsi a un errore dei difensori o a una giocata eccezionale, di solito di un attaccante.

In linea di massima, ogni azione d’attacco è un contropiede, se prende avvio – ripartenza – da una riconquista della palla, e per un motivo molto semplice. Quando supponiamo la squadra A è in possesso di palla e quindi in fase di attacco, deve tenere i giocatori larghi per ampliare lo spazio di gioco, in tal modo costringendo la difesa della squadra B ad allargare le maglie o altrimenti a cedere spazio sulle fasce.

Ma se per un motivo qualsiasi A perde palla, i suoi giocatori si troveranno in posizione sbagliata, rispetto alla necessità di chiudere gli spazi, perché una squadra che si difende deve fare densità nella sua metà campo e davanti alla propria porta. Ma se B ci metterà troppo tempo a concludere l’azione d’attacco – tipico del Barca – consentirà ad A di recuperare e di schierarsi correttamente in difesa.


Queste cose la Juventus le sa, il Barcellona no. Se poi ha vinto tanto è perché ha avuto giocatori eccezionali in tutti i reparti, non perché fosse tatticamente ineccepibile. Un esempio clamoroso della decadenza del Barcellona è Mascherano difensore centrale. Cosa che può andar bene quando si ha a che fare con delle squadrette, non quando hai di fronte una squadra di alto rango.               

venerdì 21 aprile 2017

Porto Recanati Premio Nobel

Lampedusa non ce l’ha fatta. Lampedusa era fra i 376 candidati, di cui 228 persone e 148 organizzazioni, al Nobel. L'idea della candidatura di Lampedusaè stata lanciata dal settimanale L'Espresso che, in pochi giorni, raccolse 55.909 firme di lettori e sostenitori. L'isola, simbolo dell'accoglienza, venne ufficialmente candidata al premio Nobel 2014. Una candidatura che venne commentata dall'allora presidente del Consiglio Enrico Letta come "un messaggio di speranza per i diritti umani e per la legalità nel Mediterraneo".

Noi proponiamo, per il 2017, che il premio Nobel per la pace sia assegnato a Porto Recanati. Perché? Perché ha 2.788 residenti, stranieri mentre Lampedusa e Linosa insieme, che globalmente hanno la metà degli abitanti di Porto Recanati, ne hanno 266. Qui da noi non c'è straniero che possa dire di essere stato non dico malmenato ma semplicemente offeso o spintonato da un portorecanatese. Porto Recanati è l'accoglienza fatta città e gli stranieri che sono qui sono perfettamente integrati. Chi non lo fosse è perché non vuole. Che cosa significa il 22,2 % di residenti stranieri per Porto Recanati? Seguite i mezzi di informazione e dite voi.   

 Cittadini stranieri Porto Recanati 2016
Popolazione straniera residente a Porto Recanati al 1° gennaio 2016. Sono considerati cittadini stranieri le persone di cittadinanza non italiana aventi dimora abituale in Italia.

La comunità straniera più numerosa è quella proveniente dal Senegal con il 15,7% di tutti gli stranieri presenti sul territorio, seguita dal Pakistan (15,0%) e dal Bangladesh (10,9%).

Paesi di provenienza
AFRICA
Area
Maschi
Femmine
Totale
%
Africa occidentale
334
103
437
15,67%
Africa settentrionale
128
90
218
7,82%
Africa settentrionale
59
54
113
4,05%
Africa occidentale
57
38
95
3,41%
Africa settentrionale
22
14
36
1,29%
Africa settentrionale
8
4
12
0,43%
Africa occidentale
2
2
4
0,14%
Africa occidentale
2
0
2
0,07%
Africa orientale
0
1
1
0,04%
Africa occidentale
1
0
1
0,04%
Totale Africa
613
306
919
32,96%

EUROPA
Area
Maschi
Femmine
Totale
%
Unione Europea
79
161
240
8,61%
Europa centro orientale
113
103
216
7,75%
Europa centro orientale
85
60
145
5,20%
Europa centro orientale
8
45
53
1,90%
Unione Europea
12
36
48
1,72%
Europa centro orientale
10
19
29
1,04%
Europa centro orientale
5
19
24
0,86%
Europa centro orientale
10
10
20
0,72%
Europa centro orientale
11
8
19
0,68%
Unione Europea
3
9
12
0,43%
Europa centro orientale
2
10
12
0,43%
Unione Europea
2
7
9
0,32%
Unione Europea
3
5
8
0,29%
Unione Europea
2
6
8
0,29%
Europa centro orientale
5
2
7
0,25%
Unione Europea
1
6
7
0,25%
Unione Europea
1
5
6
0,22%
Europa centro orientale
5
0
5
0,18%
Unione Europea
1
3
4
0,14%
Unione Europea
3
1
4
0,14%
Unione Europea
2
2
4
0,14%
Unione Europea
2
1
3
0,11%
Unione Europea
1
2
3
0,11%
Unione Europea
1
1
2
0,07%
Altri paesi europei
1
1
2
0,07%
Unione Europea
0
2
2
0,07%
Unione Europea
0
1
1
0,04%
Unione Europea
0
1
1
0,04%
Totale Europa
368
526
894
32,07%

ASIA
Area
Maschi
Femmine
Totale
%
Asia centro meridionale
318
101
419
15,03%
Asia centro meridionale
191
112
303
10,87%
Asia centro meridionale
46
1
47
1,69%
Asia orientale
24
20
44
1,58%
Asia centro meridionale
27
9
36
1,29%
Asia orientale
1
5
6
0,22%
Asia occidentale
2
2
4
0,14%
Asia occidentale
0
4
4
0,14%
Asia occidentale
1
1
2
0,07%
Asia occidentale
1
1
2
0,07%
Asia occidentale
1
1
2
0,07%
Asia centro meridionale
0
1
1
0,04%
Asia orientale
1
0
1
0,04%
Asia occidentale
0
1
1
0,04%
Asia centro meridionale
1
0
1
0,04%
Totale Asia
614
259
873
31,31%

AMERICA
Area
Maschi
Femmine
Totale
%
America centro meridionale
12
18
30
1,08%
America centro meridionale
9
12
21
0,75%
America centro meridionale
5
13
18
0,65%
America centro meridionale
3
10
13
0,47%
America centro meridionale
0
9
9
0,32%
America centro meridionale
2
1
3
0,11%
America centro meridionale
1
1
2
0,07%
America centro meridionale
1
0
1
0,04%
America centro meridionale
0
1
1
0,04%
America centro meridionale
0
1
1
0,04%
America centro meridionale
1
0
1
0,04%
Totale America
34
66
100
3,59%

OCEANIA
Area
Maschi
Femmine
Totale
%
Oceania
0
1
1
0,04%
Oceania
1
0
1
0,04%
Totale Oceania
1
1
2
0,07%